20 Aprile, 2024

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Diventare un runner

Diventare un runner

Sono passati ormai più di sei anni da quando, nel 2008, abbiamo pubblicato la prima tabella per iniziare a correre, inaugurando al contempo la 10006190_10152030036447805_7234444693712964953_nsezione di dietabit dedicata alla corsa. In questi ultimi anni i riscontri delle amiche e degli amici del sito sono stati decisamente positivi e ci fa un immenso piacere continuare a ricevere le lettere di ringraziamento di chi, partendo da zero minuti, arriva al termine della tabella centrando l’obiettivo di correre un’ora di fila. Alcuni amici, tuttavia, ci hanno comunicato una certa sensazione di “smarrimento” una volta arrivati al termine del programma per iniziare a correre. La domanda tipica è: “… e adesso che sono arrivato a correre

un’ora, cosa faccio”?

La risposta è semplice: il prossimo obiettivo è quello di diventare un runner!

Una premessa importante: chi è soddisfatto di fare attività fisica correndo tre o più ore a settimana non ha alcun bisogno di diventare un runner. Può tranquillamente rimanere un “jogger” tutta la vita e continuare a godersi le corse all’aria aperta e tutti i benefici per la salute che ne derivano. Chi, invece, è alla ricerca di nuovi obiettivi o di stimoli per continuare a correre troverà sicuramente interessante la lettura di quanto segue.

Innanzitutto chiariamo cosa intendiamo per “runner”: mentre il jogger è colui che corre senza badare alla prestazione atletica, il runner è attento alla velocità e alla distanza che percorre e si allena per migliorare la propria condizione atletica. La differenza tra jogger e runner non dipende dalla “velocità di crociera” dei due, ma dal diverso approccio nei confronti della corsa: un jogger atleticamente molto dotato, pur non essendo interessato alla prestazione, potrebbe essere più veloce di un runner mediocre che si allena “come un professionista”.

Per diventare runner non è necessario trasformarsi in atleti agonisti. Tuttavia, l’esperienza insegna che quando ci si allena con impegno, prima o poi il desiderio di iscriversi ad una competizione viene più o meno a tutti. In ogni caso, chi ha appena terminato la tabella per iniziare a correre, prima di pensare alle gare dovrebbe aspettare almeno sei mesi in modo da avere il tempo di consolidare i risultati ottenuti e non rischiare così di incappare in qualche infortunio muscolare o tendineo.

Nel percorso che suggeriamo in questa pagina, non diamo volutamente una tabella da seguire passo passo, ma consigliamo di eseguire gli allenamenti in piena libertà, dando sempre ascolto alle proprie sensazioni con lo scopo di non esagerare. Troppo spesso, anche tra i runner esperti (vedere l’articolo “tabella troppo dura“), e a maggior ragione tra i principianti, chi segue una tabella precisa rischia di farsi del male per rimanere al passo con un programma troppo veloce o troppo intenso.

Prima di tutto la visita medica

La corsa è adatta a tutti i soggetti sani, sia giovani che meno giovani. Prima di iniziare a correre e ad allenarsi è però necessario essere certi che non ci siano controindicazioni. La soluzione migliore è quella di fare un salto dal medico di base e in seguito sottoporsi alla visita medica per l’idoneità agonistica: se si vuole partecipare a delle gare è obbligatoria per legge, ma è meglio farla in ogni caso per escludere eventuali disfunzioni cardiache o altri problemi che potrebbero mettere a rischio la vita durante un allenamento intenso.

1- Prendere coscienza

Prendere coscienza delle proprie capacità è il primo passo per diventare un runner. La parola d’ordine è “misurare”: bisogna prendere l’abitudine di misurare la distanza percorsa ad ogni allenamento, quella percorsa ogni settimana, il tempo impiegato ad affrontare alcuni tratti, come una breve salita o un giro del parco, il tempo totale per “andare e tornare”… insomma, qualsiasi cosa si faccia è bene prendere l’abitudine di associarla ad un numero.

Con il tempo ci si renderà conto dei miglioramenti e si avrà voglia di mettersi alla prova. Non è necessario utilizzare strumenti complicati: sicuramente il GPS e il cardiofrequenzimetro sono dei bei giocattolini e possono dare informazioni interessanti, ma l’unico strumento veramente necessario è il cronometro (possibilmente un modello in grado di memorizzare diversi intertempi).

In questa prima fase ci si deve limitare a misurare: non è necessario correre velocemente o migliorare con il tempo. L’importante è prendere confidenza con il cronometro e iniziare a capire quanti chilometri si percorrono (anche approssimativamente) ogni giorno e ogni settimana. È bene sfruttare questa fase per iniziare a ragionare in “minuti al chilometro”, l’unità di misura della velocità che si utilizza nel running (occhio che il valore diminuisce con la velocità: 5′ al km è più lento di 4′ al km) al posto dei più familiari chilometri all’ora.

2 – Introdurre gli allenamenti “veloci”

In questa seconda fase si possono introdurre allenamenti più veloci, ma sempre con estrema gradualità. L’errore più grande che si può commettere è quello di farsi prendere dall’entusiasmo e aumentare il ritmo ad ogni allenamento, con il rischio concreto di doversi poi fermare per qualche settimana in seguito ad un infortunio. Non è necessario seguire una tabella di allenamento ben precisa, ma bisogna correre almeno tre volte a settimana ed evitare di concentrare nel week-end la maggior parte degli allenamenti. Se ci si allena tre volte alla settimana, è bene limitare gli allenamenti veloci ad una sola seduta; se, invece, ci si allena quattro o più volte alla settimana, allora si possono eseguire anche due sedute veloci settimanali.

I primi lavori veloci da introdurre sono quelli “a sensazione”. Un buon mezzo di allenamento è la corsa lenta con variazioni di ritmo: si tratta del solito allenamento di corsa lenta all’interno del quale vengono introdotti, a piacimento, tratti da percorrere ad un ritmo leggermente più veloce. Durante i tratti veloci la respirazione deve essere impegnata, ma mai in affanno. Ovviamente, prima dei tratti veloci è bene eseguire un buon riscaldamento.

Un secondo tipo di allenamento da introdurre è quello dell’1+1, cioè un minuto veloce intervallato ad un minuto lento (oppure, in alternativa, 200 metri veloci e 200 metri lenti). Si parte con la normale corsa lenta e, verso la fine dell’allenamento, si inseriscono una serie di tratti veloci intervallati a tratti lenti. Rispetto all’allenamento precedente è necessaria più attenzione: bisogna cercare di correre tutti i tratti veloci allo stesso ritmo, mentre i recuperi dovranno essere corsi al solito ritmo della corsa lenta (se si ha la necessità di correre più lentamente o di camminare per recuperare significa che si è andati troppo forte nei tratti veloci).

Si può partire inizialmente con tre o quattro ripetizioni fino ad arrivare a dieci-dodici dopo qualche mese: le prime volte sarà difficile impostare la giusta velocità (se troppo lenta è poco allenante, se troppo veloce non si riesce a terminare l’allenamento), ma con l’esperienza si riuscirà via via a migliorare.

3 – Aumentare la lunghezza dei tratti veloci

Con il tempo verrà naturale aumentare gradualmente la lunghezza (eventualmente diminuendone la velocità) dei tratti veloci, fino ad arrivare a percorrere tratti veloci di circa 1 km. Il ritmo deve essere tale da consentire cinque o sei ripetizioni alla stessa velocità e con recupero al ritmo della corsa lenta.

Per non rendere gli allenamenti troppo monotoni ci si può divertire ad inventare mille varianti dello schema: ad esempio un giro veloce del parco e uno lento, salita veloce e ritorno in discesa lento, e così via.

Durante questa fase ci si renderà conto di quanto la condizione atletica aumenti velocemente: rispetto alle “misurazioni” eseguite nella prima fase non dovrebbe essere difficile riscontrare un netto miglioramento. Si acquisirà, inoltre, una buona consapevolezza dei propri ritmi: ciò significa che non sarà difficile “indovinare” a sensazione, con una buona approssimazione, a quale ritmo si stia correndo.

4 – Introdurre il ritmo medio e il progressivo

Gli allenamenti della fase precedente hanno lo scopo di aumentare la velocità che si riesce a mantenere per tratti relativamente lunghi (tecnicamente si chiama soglia anaerobica).

Per la corsa di resistenza, che richiede un impegno ad alta intensità per un periodo di tempo prolungato, è importante migliorare anche un altro parametro: la capacità aerobica, che in termini più semplici possiamo definire come la capacità di resistere a lungo alla velocità.

Il primo allenamento utile per migliorare la capacità aerobica è il medio, cioè una seduta durante la quale si corre, dopo opportuno riscaldamento, ad un ritmo uniforme più veloce rispetto a quello della corsa lenta. Il ritmo corretto va cercato con l’esperienza ed è quello che permette di coprire l’intero percorso ad una velocità costante e con respirazione impegnata, ma non in affanno già dai primi chilometri.

Verso la fine si avrà un discreto fiatone, ma se si arriva “in apnea” vuol dire che si è partiti troppo forte. Se, al contrario, completare gli ultimi chilometri non sembra per nulla sfidante, allora significa che si è partiti troppo piano.

La corsa progressiva è una variante di quella media: si esegue circa metà dell’allenamento al ritmo della corsa lenta e il resto ad un ritmo più elevato. Si tratta di un allenamento che lascia più libertà rispetto al medio: può essere interpretato in modo più soft nei periodi in cui si vuole scaricare un po’ oppure in modo più impegnativo (aumentando il ritmo o la lunghezza del tratto veloce) quando ci si sente brillanti o si ha voglia di eseguire un allenamento un po’ più duro.

5 – Il test dei 5000 metri

Non esiste un traguardo da centrare per potersi definire un runner: come già detto, diventare un runner significa solo approcciare la corsa con un atteggiamento diverso e non ci sono quindi obiettivi particolari da raggiungere. Ma un runner che si rispetti di obiettivi è sempre goloso, per cui ne suggeriamo uno alla portata di tutti: i 5000 metri.

Quando ci si sente pronti e si ha voglia di mettersi alla prova, può essere divertente eseguire un vero e proprio test su questa distanza. Non si tratta di una gara ufficiale (volendo potrebbe anche esserlo, ma non è necessario), ma di un semplice allenamento in cui ci si impegna per dare il massimo.  Il test potrà essere ripetuto più volte, a distanza di almeno un mese per mettersi alla prova e verificare i miglioramenti.

6 – Assecondare alti e bassi

Ricordiamo ancora una volta che la prudenza è d’obbligo per evitare gli infortuni. Non bisogna lasciarsi trasportare dall’entusiasmo generato dai netti miglioramenti dei primi mesi: migliorare all’inizio è naturale, ma non si potrà farlo per sempre! Una volta giunti in prossimità dei propri limiti i miglioramenti diventano sempre più lenti e meno evidenti.

Inoltre, a regime, i periodi di forma migliore si alterneranno in modo del tutto naturale a periodi in cui la condizione atletica tende a peggiorare. Invece di “ammazzarsi di allenamenti” per mantenere il top della forma, cosa impossibile, è bene assecondare questi alti e bassi e prevedere un periodo di scarico (può durare anche un mese) in cui si dà tempo all’organismo di recuperare.

Pronto per le gare?

Ora che sei diventato un runner avrai sicuramente voglia di seguire una tabella specifica per migliorare la prestazione su una distanza particolare. Potrai farlo senza problemi, ma prima ti consigliamo di fare un po’ di esperienza con l’allenamento più difficile da interpretare: le ripetute (nei prossimi giorni su dietabit.it pubblicheremo un articolo specifico su questo allenamento).

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