19 Aprile, 2024

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Allenare un runner amatore

Allenare un runner amatore

Senza entrare nei dettagli delle finalità dell’allenamento (cioè senza per esempio considerare la distanza di gara), l’allenamento di un runner a livello amatoriale non è facile ed è1535379_897717083580063_7683807925264995044_n possibile incorrere in due grossolani errori. L’errore dello “scienziato” In realtà nessun scienziato commetterebbe un errore così grave, infatti la parola è fra virgolette. Negli anni ’90, per oltre un decennio, si è assistito al boom delle grandezze atletiche quali SAN, VO2max ecc. e molti si sono illusi che potessero servire a dare quella marcia in più ai programmi di allenamento. Purtroppo tali grandezze non sono reali, nel senso che sono solo valori che descrivono un processo. La SAN, per esempio, è una grandezza che identifica un punto su un grafico ottenuto spesso con metodi diversi e approssimazioni varie. Idem dicasi del massimo consumo d’ossigeno. Tutte queste grandezze hanno un significato solo esplicativo per spiegare cosa avviene nell’organismo

del runner, ma nessuno, e sottolineo nessuno, può calcolarle in maniera perfetta. Si usano approssimazioni e metodi empirici (come il Conconi) che danno risultati approssimati. Se una misura dà 14.070 m, un’altra può dare 14.210 ecc.

Purtroppo, anche se l’uso di queste grandezze per impostare programmi di allenamento è caduto in disuso, molti amatori che si allenano da soli sono attratti dall’idea di avere qualcosa di nuovo. In genere si tratta di soggetti con buona capacità logica e matematica, ma con scarsa esperienza statistica ed empirica che non comprendono che “da un’approssimazione non si potranno che ottenere dati approssimati” e che “più volte si usano le approssimazioni per ulteriori deduzioni e più l’approssimazione rischia di allargarsi e l’errore con la realtà può diventare enorme”.

Detto questo, va da sé che un programma deve basarsi sul reale tempo sulla distanza ottenuto dal soggetto e che le sue caratteristiche si desumono banalmente dai tempi ottenuti sulle varie distanze senza scomodare SAN ecc. Se per esempio un runner corre la maratona a 4’20″/km e i 3000 m a 3’40″/km dovrebbe essere a tutti ovvio che è un runner completamente aerobico!

L’errore del “professionista”

Viene commesso da quei runner amatori che si affidano ad allenatori che allenano atleti assoluti (a prescindere dal valore di questi ultimi che spesso appartengono alle categorie giovanili). Gli allenatori “di mestiere” vogliono ottenere il massimo dai loro atleti (nel settore giovanile finiscono sovente per nauseare i ragazzi che abbandonano lo sport quando capiscono che non diventeranno mai campioni) e utilizzano programmi e mezzi (pressione psicologica spesso mascherata con un’esagerata attenzione ai dettagli) che, se vanno bene per un professionista, per un amatore sono alla fine devastanti. A meno che l’amatore non abbia una personalità particolarmente nevrotica (“la corsa per me è tutto”), alla fine semplicemente “fonde”, sia perché le sue motivazioni non sono quelle del professionista sia perché il motore e la carrozzeria non sono all’altezza degli ambiziosi obiettivi (anche per semplici ragioni anagrafiche).

La soluzione

Imparare (studiando!) le basi della corsa e fare da sé, senza mai dimenticare che si corre in primis per la salute e per divertirsi, senza che lo sport diventi un lavoro o uno stress. Fra l’altro, è veramente illusorio sperare che un qualunque allenatore possa trasformare ronzini come noi amatori in purosangue d’élite. Purtroppo, questa frase dura non è affatto compresa (anzi infastidisce) chi sogna di abbassare, per esempio, il proprio record sui 10000 m di due o tre minuti. Una volta ottimizzati (molti allenatori di amatori sfruttano il fatto che un runner non è ottimizzato per millantare virtù che non hanno: ovvio che se un runner diminuisce di 5 kg di peso, si allena due volte in più alla settimana ecc. migliora!), anche il miglior allenatore del mondo potrebbe al più far progredire un atleta del 2-3%. Imparate quindi a ottimizzarvi.

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