25 Aprile, 2024

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Supercompensazione

Supercompensazione

10887133_10152519632222805_5381777381703814172_oLa supercompensazione è un modello teorico che serve a spiegare i processi di adattamento che si innescano nell’organismo in seguito a un determinato stimolo allenante. Qualsiasi tipo di allenamento, sia che miri al miglioramento dell’apparato muscolo-scheletrico, sia che punti al miglioramento dell’apparato cardiorespiratorio è uno “stress” per il nostro organismo; a questo stress l’organismo risponde inducendo un cambiamento, un “adattamento”. Possiamo quindi affermare che l’adattamento è il prodotto dell’allenamento. Per meglio spiegare il concetto di supercompensazione è necessario introdurre il concetto di omeostasi, termine con quale si fa riferimento all’equilibrio dinamico che regola tutte le attività dell’organismo umano. Quando, per un motivo o per un altro, si verifica una perturbazione dell’omeostasi, l’organismo reagisce

cercando di compensare, per quanto possibile, con una reazione, uguale e contraria, che ha lo scopo di riequilibrare il sistema.

L’affaticamento e il deterioramento provocati dall’allenamento vengono quindi compensati da tutta una serie di reazioni il cui scopo fondamentale è quello di aumentare i processi rigenerativi anabolici (l’anabolismo è uno dei due processi del metabolismo ed è responsabile sia della crescita – tramite la formazione delle componenti cellulari e dei tessuti corporei – sia dell’approvvigionamento dell’energia). Dette reazioni sono, di fatto, una sorta di difesa che l’organismo mette in atto per “rimediare” l’equilibrio andato perduto. Questa supercompensazione è, quindi, detto in altri termini, una risposta fisiologica messa in atto per riparare alla rottura dell’omeostasi causata dagli stimoli dell’allenamento. Da notare che, sia le riserve metaboliche che il metabolismo e le varie strutture anatomiche sottoposte a sollecitazione, non ritornano allo stato iniziale, ma, per un certo periodo di tempo, lo superano collocandosi su valori lievemente superiori.

È importante notare come sia necessario, affinché il processo di supercompensazione si verifichi, che lo stimolo allenante abbia determinate caratteristiche; in particolare, l’impegno fisico deve raggiungere od oltrepassare un determinato limite per far sì che lo stress fisico abbia una certa importanza; in presenza di uno stimolo troppo debole non si verificherebbe alcuna supercompensazione.

Allenamento e principio del sovraccarico

La moderna concezione dell’allenamento si basa sulprincipio del sovraccarico:

per migliorare in un’attività fisica occorre svolgerla a un’intensità superiore al normale.

Tutti i principianti applicano questo principio: poiché per loro il primo giorno la normalità è zero minuti, correndo cinque minuti applicano il principio del sovraccarico, il secondo giorno corrono dieci minuti ecc. Il corpo si adatta (si parla anche di sindrome generale di adattamento) alla nuova situazione e “migliora”.

È ovvio che il principio del sovraccarico non può essere applicato all’infinito: a un certo punto non ci sarà più miglioramento prestativo e l’allenamento diventerà soprattutto un mantenimento delle condizioni raggiunte. Peraltro, se il principio del sovraccarico è applicato male, si potrebbero ottenere più danni che benefici.

Per spiegare come applicare correttamente il principio del sovraccarico si usa classicamente il concetto di supercompensazione.

Allenamento e supercompensazione

Rifacendosi a quanto spiegato nei due paragrafi precedenti possiamo suddividere il processo di supercompensazione in due fasi ben distinte:

Fase 1 – Il carico supera la soglia allenante e produce un affaticamento che provoca una diminuzione della capacità prestativa.

Fase 2 – Durante la fase di recupero l’organismo si adatta e anzi supera il livello di prestazione iniziale.

Se il periodo di recupero è troppo breve la fase 2 non si innesca e non si dovrebbe avere miglioramento.

Se il periodo di recupero è troppo lungo si perdono i benefici della supercompensazione perché il corpo si deallena.

Sembrerebbe quindi che con un periodo di recupero ottimale si potrebbe avere un allenamento ottimale. In realtà, se questa visione può andar bene per molti sport (tipicamente il body building dove alcune correnti vedono come il fumo negli occhi lavori troppo ravvicinati), per la corsa la situazione è molto più complicata.

Non tutti i lavori di qualità sono uguali

Per lavori di qualità si intende quelli che superano la soglia allenante (un lento di mantenimento non provoca supercompensazione); genericamente si possono distinguere tre tipologie:

A) lavori a tempo (medi, progressivi brillanti) in cui si corre la distanza (genericamente inferiore all’ora) a un ritmo che è inferiore a quello che si tiene su una distanza doppia. Esempio un medio di 8 km alla velocità della mezza maratona.

B) lavori in deplezione di glicogeno; esempio classico sono i lunghissimi, in cui il soggetto arriva vicino all’esaurimento delle scorte di carboidrati.

C) lavori intervallati (ripetute, fartlek, interval training) massimali.

I lavori di tipo A sono i più facili da recuperare perché non veloci abbastanza da provocare danni muscolari e non lunghi abbastanza da esaurire le scorte di glicogeno.

I lavori di tipo B in genere si recuperano in tempi piuttosto sicuri, che dipendono dalla capacità dell’atleta di ripristinare le sue scorte (ammesso che non sia arrivato strisciando e abbia innescato processi di “cannibalismo muscolare”).

I lavori di tipo C sono i più difficili da recuperare perché hanno il massimo stress muscolare e cardiovascolare.

I lavori scientifici propendono per questa tabella:

Tipo di lavoro Recupero Distanza dalla gara
A 3-5 gg 6-8 gg
B 3-6 gg 10-20 gg
C 4-6 gg 8-11 gg

Sul campo, si vede che è piuttosto realistica. È vero che i tempi di recupero dipendono da:

a) predisposizione individuale (genetica)

b) sesso (le donne avendo un tasso di testosterone minore recupererebbero con più difficoltà)

c) età (per lo stesso motivo, le persone anziane con un profilo ormonale più “leggero” recupererebbero peggio)

d) alimentazione

e) qualità del sonno.

Però è anche vero che tali tempi possono essere rispettati solo da atleti che puntano tutta la stagione su poche gare. Notiamo come dai dati sopraesposti un amatore che gareggia ogni domenica in settimana non potrebbe praticamente che eseguire dei lenti.

I tempi sono poi facilmente smentiti dagli stessi professionisti che per esempio gareggiano alle olimpiadi in due gare di fondo con eccellenti risultati (per esempio 5000 e 10000 m). Anche quelli che “bucano” la seconda gara, in genere la corrono 1-2″/km più lentamente, il che per un amatore è ininfluente.

Sicuramente dietro a queste tabelle esiste l’errore di fondo che dà per scontato che l’atleta sia ancora in fase di grosso miglioramento e possa usare la supercompensazione. In realtà gran parte degli amatori è in una situazione di mantenimento e deve usare il principio dellostimolo biocompatibile. A differenza della supercompensazione tale stimolo è di efficacia tale da non superare il 90% del valore dell’atleta e serve per mantenere l’atleta in condizione. Il recupero è decisamente inferiore rispetto a quello di un atleta in fase di supercompensazione e può tradursi nella tabella:

Tipo di lavoro Recupero Distanza dalla gara
A 2-3 gg 3- gg
B 2-4 gg 7-15 gg
C 2-3 gg 3-4 gg

Che cosa non si deve fare

Applicare allenamenti da supercompensare con i recuperi di mantenimento. Vediamo un esempio. L’atleta vale 20′ sui 5000 m, gareggia da anni. Se vuole migliorare può impostare un allenamento professionistico sfruttando la supercompensazione: pochi lavori di qualità molto tirati con ampi recuperi (leggasi lenti a 4’50″), per esempio 6×1000 a 3’55″ con 1’30″ di recupero da fermo. Se invece vuole gareggiare tutta la stagione dovrà adottare un allenamento di mantenimento e i 6×1000 m con 1’30″ di recupero li dovrà correre a 4′/km.

Cosa cambiano quei 5″? Sono il margine di sopravvivenza che consente un recupero veloce, tale da poter inserire allenamenti e gare con una certa frequenza. La morale è che, se non siete principianti, è impensabile migliorare e gareggiare troppo spesso!

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