25 Aprile, 2024

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L’elasticità

L’elasticità

10999944_10152617810307805_3436431686643320332_oPrima di parlare di elasticità è necessaria una breve premessa, esiste, infatti, una certa confusione riguardo ai termini che ruotano attorno al movimento. La flessibilità (rigidità) è un concetto che si riferisce alle articolazioni, mentre l’elasticità si riferisce ai muscoli. Alcuni chiamano la flessibilità mobilità articolare e l’elasticità estensibilità, definendo flessibilità l’insieme di mobilità e di estensibilità. In realtà non è corretto sommare i due contributi perché  la flessibilità è a soglia (un certo movimento è possibile o meno), mentre l’elasticità permette che un certo movimento sia più o

meno ampio (o performante).

Chi si avvicina alla corsa provenendo da altri sport sa che per ottimizzare le sue prestazioni deve modificare in parte le caratteristiche del suo fisico per adattarle al mezzofondo prolungato o al fondo. Mentre la potenza e la forza muscolare sono caratteristiche facilmente evidenziabili, una delle caratteristiche meno considerate è l’elasticità.

Le forme di elasticità

Esistono varie forme di elasticità. Quella statica  rappresenta l’ampiezza del movimento, a prescindere dalla velocità dello stesso. In realtà è fortemente condizionata dalla flessibilità delle articolazioni. L’elasticità balistica è invece associata all’ampiezza del movimento ottenuta aumentando al massimo la velocità del gesto (come nei salti). L’elasticità dinamica è intermedia fra le due, considerando l’ampiezza del movimento a una velocità normale. La differenza essenziale fra elasticità balistica e dinamica è che con la prima il rischio di traumi è decisamente superiore.

L’elasticità non è generale – È stato dimostrato che l’elasticità è una caratteristica del gruppo muscolare, non dell’intero individuo. Un soggetto può avere i polpacci elastici, ma le braccia no. Sono stati infruttuosi i tentativi di mettere in relazione l’elasticità con la conformazione del corpo o dei muscoli. Questi concetti sono molto importanti in relazione allo stretching: ogni sport ha il suo modello di stretching ottimale, dovendo lo stretching stimolare l’elasticità delle strutture anatomiche maggiormente coinvolte nell’attività considerata. E poiché a sport diversi corrispondono forme muscolare differenti (i quadricipiti di un velocista non sono quelli di un fondista) gli esercizi di stretching per un determinato gruppo muscolare devono essere diversi da sport a sport. Questa teoria espressa da Alter e al. è ormai consolidata e dovrebbe essere conosciuta da tutti i preparatori atletici.

L’elasticità si può migliorare? – A differenza della forza e della resistenza, attualmente non si conoscono forme di doping in grado di migliorare significativamente l’elasticità. A livello di integrazione si sottolinea l’importanza di alcuni aminoacidi (glicina e prolina e, in misura minore, metionina e valina) nel supporto alle strutture elastiche. Resta comunque l’esercizio fisico il miglior modo di migliorare o conservare l’elasticità. Lo stretching è sicuramente una delle strade prioritarie, ma non bisogna attendersi miracoli.

Corsa ed elasticità

Per un runner l’elasticità è spesso un parametro immodificabile, frutto sì delle caratteristiche fisiche, ma anche degli sport praticati da adolescente o comunque in giovane età. Né ha molto senso orientare atleti di quaranta o più anni verso esercizi che possano (solo teoricamente) aumentare l’elasticità muscolare o migliorare lo stile di corsa. È forse più produttivo sapere gestire correttamente il proprio patrimonio elastico per ottenere comunque il massimo dal proprio fisico.

Esiste un facile test (test di Bosco) con cui è possibile dimensionare l’elasticità del soggetto. L’atleta deve porsi in piedi, con le mani ai fianchi, le gambe unite e piegate in modo che la parte superiore della gamba formi con quella inferiore un angolo di 90°. Il busto è leggermente piegato in avanti, parallelo alla parte inferiore della gamba, i piedi sono uniti, appoggiati bene a terra con le punte in avanti. Senza (ripeto senza) contromovimento verso il basso, si salta verso l’alto, sempre tenendo le mani ai fianchi, con le gambe e i piedi completamente estesi. La distanza fra il suolo e la punta dei piedi estesi fornisce l’elasticità del soggetto. In saltatori in alto, giocatori di basket, di pallavolo  ecc. si può arrivare a superare i 50 cm per gli uomini e i 40 cm per le donne; per un runner, soprattutto se è avanti nell’età e non ha mai praticato sport elastici, è già un miracolo arrivare a un valore che è considerato sufficiente per le categorie sopradescritte (32 e 25 cm rispettivamente). Il test vale ovviamente se l’atleta non è sovrappeso; per runner anche di poco sovrappeso occorrerebbe (cosa non facile) tarare i dati con il peso del soggetto: un risultato di 25 cm per un atleta con dieci kg di sovrappeso può tranquillamente valere un risultato di 35 cm per un atleta con massa grassa attorno al 10%.

Per dare un’idea, un mezzofondista prolungato (5-10000 m) ha un indice di elasticità che è il 60% di quello di un saltatore, mentre un maratoneta arriva al 50%.

L’elasticità è un pregio – Se l’atleta ha un sufficiente rapporto fra forza ed elasticità, la corsa non risente troppo di un’elasticità alta; la sua corsa non è cioè verso l’alto. In questo caso l’elasticità è un pregio soprattutto su terreni che non ritornano nulla, per esempio sterrati, o sulle salite.

L’elasticità è un difetto – Se invece l’atleta ha una forza muscolare insufficiente, la corsa diventa troppo elastica, la fase di volo è troppo lunga e l’elasticità diventa un handicap, soprattutto su quei terreni (come la pista o l’asfalto) dove la corsa troppo aerea si traduce in un’effettiva lentezza.

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