La fase defaticante, in altre parole quel frangente posto a fine seduta d’allenamento che prevede la corsa lenta, non è vista da tutti i tecnici con favore. C’è, infatti, chi ritiene che favorendo un più rapido recupero dopo la fase qualitativa della seduta, è limitato il processo d’adattamento. La corsa defaticante deve senz’altro avere una durata che va dai 10 ai 20’. Sotto i 10’ resta un momento troppo breve perché dia origine a benefici. Sopra i 20’ comincia a diventare non più un semplice defaticante, ma una frazione di corsa che ha una valenza discreta all’interno della seduta. Il defaticamento dovrebbe favorire il ritorno dell’organismo ai suoi valori di base. Dovrebbe accompagnare i processi fisiologici di recupero a compiere la propria azione. Il ritmo della corsa defaticante deve essere blando e non ha senso cercare di forzare l’andatura, poiché in quel momento bisogna assolutamente evitare qualcosa che tenda a sovraccaricare gli apparati impegnati nella corsa.
Eseguire 10’ di defaticante è da consigliare al termine di una seduta particolarmente traumatica. In quel caso è meglio “stare sulle gambe” il minor tempo possibile e quindi è meglio proporre un’ultima fase breve. Correre 15’ di defaticante è nello standard classico, in pratica un tempo sicuramente sufficiente ed al contempo non ampio che può innescare nuovi processi di lavoro muscolare. Il defaticante di 20’ è da consigliare per atleti ben allenati. Rappresentano una garanzia di un ottimo “massaggio” a termine del lavoro di qualità garantendo buoni risultati in termini di recupero. Dopo le sedute di potenza aerobica estensiva, consiglio di protrarre un po’ più a lungo la fase defaticante, sia perché l’allenamento è stato intenso ma non molto traumatico, e per guadagnare ancora qualche km in chi ne deve sviluppare molti. Quando si compiono invece sedute lattacide pure, è bene non aprire troppo la fase di rigenerazione perché la muscolatura e le articolazioni essendo state sollecitate rischiano di avere ripercussioni. Bisogna ricordarsi che il defaticamento ha il solo scopo di riportare il corpo ai suoi valori standard dopo un lavoro. È sbagliato quindi forzare questa fase. Se questo è fatto, significa che a quella fase è stato dato un altro indirizzo. Ad esempio dopo una seduta di salite si può finire con una corsa progressiva, è giusto, ma in quel caso non si può parlare di corsa defaticante. Capita spesso che al termine di allenamenti “veloci”, le gambe tendono a scappar via ad andature alte; bisogna controllarsi e non farsi prendere dall’euforia, se la parte specifica è finita, c’è solo da correre in modo leggero e decontratto.
Riassumendo possiamo ricordare che dopo una seduta lattacida può essere sufficiente correre per 10’ per defaticare, mentre dopo lo stimolo della potenza aerobica si può arrivare a 20’.
Al termine di un ritmo medio possono bastare 10’ di corsa perché è un lavoro di carico relativo ed ha bisogno di tempi non lunghi per ottenere il suo fine. I mezzofondisti veloci dopo lavori di forza a carico naturale o in palestra, possono anche defaticare con delle serie di allunghi condotti in una certa maniera.
Alla fine di un collinare, venendo di solito dall’ultima parte corsa in discesa è bene finire la seduta con 10’ di corsa in piano. Stesso discorso per gli allenamenti in campestre: è bene terminare la seduta su un terreno soffice e dal fondo regolare.
Nelle sedute in cui è prevista una cronoscalata è bene tornare con la macchina in pianura ed eseguire lì il defaticamento. Si può rimanere in “alto” solo se c’è un tragitto defaticante leggermente ondulato. Questo per evitare la discesa che va contro l’effetto defaticante. Per defaticare si possono usare anche altri sport: può andar bene il ciclismo usando rapporti agili o il nuoto facendo qualche vasca in assoluto relax.
Massimo Santucci