23 Aprile, 2024

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Corsa e cioccolato

Corsa e cioccolato

Nel cacao sono presenti importanti sostanze psicoattive come le teobromine e la caffeina, eccitanti e stimolanti il respiro,  l’attività cardiaca ma soprattutto la funzione muscolare. Conosciamo il cioccolato e le sue origini. Una tavoletta può rendere più “gustosa” la corsa.   Storia ed origini del cioccolato   Furono i Maya i primi a scoprire la bontà dei semi di cacao (cacaoyer) 600 anni prima di Cristo. Questa popolazione preparava una bevanda mescolando la polvere dei semi tostati di cacao, acqua e spezie. Le leggende sostengono che il seme della pianta del cacao era stato portato dal paradiso e che la saggezza e la potenza venivano dal consumo del frutto dell’albero del cacao. Oltre ad essere un alimento, il cacao era per i Maya anche una moneta e con gli Aztechi, il cui sistema monetario era proprio basato sulle fave di questa pianta, entrò definitivamente nella storia. Molti indigeni erano spensierati e preferivano bere il cacao piuttosto che arricchirsi. Hernandez (1572) riporta che gli indigeni avevano una vita allegra, non si preoccupavano dell’avvenire e godevano dei beni

temporali della natura utilizzando i semi del cacao al posto della moneta. Un esploratore del Centro America scoprì che con 4 semi di cacao si poteva comperare un zucca, con 10 un coniglio, con 12 una notte con una concubina, e con 100 uno schiavo. Gli Aztechi associavano il cioccolato a Xochiquetzal, la dea della fertilità. Nelle Americhe il cioccolato, dopo essere stato tostato, macinato, mescolato con un liquido e sbattuto fino a diventare spumoso, il cacao veniva servito come xocolatl, spesso aromatizzata con vaniglia, peperoncino e pepe. Questa bevanda dall’aspetto schiumoso, amara e scarsamente gustosa somigliava molto poco al cacao dolce e gradevole che apprezziamo tutti, tuttavia gli Aztechi consumavano il xocolatl per eliminare la fatica, stimolare le forze fisiche e mentali, e consentire, così, la trascendenza. Altri modi di preparazione combinavano il cioccolato con la farina di mais ed il miele. La leggenda narra che, molti secoli or sono, una principessa, lasciata a guardia delle ricchezze dello sposo, un grande guerriero partito a difendere i confini dell’impero, venne assalita dai nemici che, invano, tentarono di costringerla a rivelare l’ubicazione del tesoro. Per vendetta venne uccisa e, dal sangue versato dalla fedele sposa, nacque la pianta del cacao, il cui frutto nasconde un tesoro di semi, “…amari come le sofferenze dell’amore, forti come la virtù, lievemente arrossati come il sangue”.
Con questi frutti, il marito Topiltzin Quetzalcoàtl (“Serpente Piumato”) volle riconoscere ed esaltare la fedeltà pagata con la morte, dell’amatissima moglie. La stessa fedeltà che, nell’immenso impero azteco, legava i sudditi all’imperatore.
Il vedovo Quetzalcoatl, ammalato e sofferente per la terribile perdita,un giorno bevve una pozione magica offertagli da uno stregone che invece di guarirlo lo portò a smarrire completamente il senno.
Si narra che il povero re fuggì verso il mare, dove trovò una zattera di serpenti aggrovigliati e si allontanò scomparendo misteriosamente.
Ma prima di abbandonare quel mondo, Quetzalcoàtl promise che avrebbe fatto ritorno per riprendersi il suo regno, nell’anno posto sotto il segno del Ce-acatl.
Il seme dell’albero di cacao fu chiamato, in suo onore, dapprima cacahualt e poi chocolatl.
Secoli più tardi, nel 1519, anno sotto il segno del “Ce-acatl”, una grande nave carica di uomini con scintillanti armature come scaglie di serpente ed elmetti piumati, fece la sua comparsa vicino alla costa orientale del regno azteco.
Immediatamente l’imperatore Montezuma credette alla profezia ed accolse pacificamente quella nave pronto a restituire il regno al Dio Quetzalcoàtl.
Sul battello però non vi era il Dio azteco ma un conquistatore spagnolo: Hernàn Cortès. Vennero offerti molti doni quali oro, argento, pietre preziose, schiave e… cesti pieni di semi di cacao. Cortés scriveva a Carlo V: “una tazza di questa preziosa bevanda consente ad un uomo di sopportare un’intera giornata di marcia senza prendere altri cibi”. Cristoforo Colombo portò con sé alcuni semi di cacao da mostrare a Ferdinando ed Isabella di Spagna, ma fu Hernando de Soto ad introdurre il cacao in Europa più diffusamente. Alcuni frati spagnoli, grandi esperti di miscele e infusi, sostituirono gli ingredienti originari (achiote, fior di spigo, sapodilla, mais, miele, chili e pepe garofanato) con lo zucchero di canna e la vaniglia, creando una bevanda dolce e gustosa. A loro va anche il merito di aver subito capito l’alto potere nutrizionale del cioccolato, tanto da utilizzarlo come sostegno alimentare  durante i lunghi periodi di digiuno. In Italia, e precisamente in Toscana si cominciarono ad aggiungere alcuni particolari ingredienti: le scorze fresche di cedrata e limoncello, aromi di gelsomino, cannella, vaniglia, ambra e muschio. Diluito con il latte, e non più con l’acqua, la bevanda al cioccolato prese il nome di “cioccolatte”. I Gesuiti diedero il via libera all’uso della cioccolata in Chiesa, e contribuirono al commercio tra l’America latina e l’Europa dove il “cioccolatte” si diffuse velocemente: alla bevanda, infatti, venivano attribuite doti taumaturgiche, medicinali e persino afrodisiache. I Dominicani, appartenenti ad una tradizione religiosa più severa e rivaleggiante con quella della Compagnia di Gesù, si opposero alla diffusione della cioccolata adducendo, come pretesto, il fatto che essa potesse riscaldare eccessivamente il sangue. A Londra le bevande al cacao venivano vendute in locali pubblici specializzati: i “chocolate-drinking houses” Al 1671 risalirebbe, invece, l’invenzione del primo cioccolatino: un aiutante di cucina, versando per sbaglio dello zucchero caldo su alcune mandorle, avrebbe creato involontariamente un nuovo alimento, tanto gustoso che il Duca di Plesslin-Praslin, una volta assaggiatolo, avrebbe poi deciso di chiamarlo con il suo nome. E fu così che nacquero le “praline”. Verso la fine del XVII secolo, a Torino si sarebbero addirittura prodotte 750 libbre di cioccolato al giorno, cioè 350 kg, che in parte venivano esportate. Soltanto nel 1755 gli Stati Uniti d’America si ricordarono del cacao e divennero, dopo qualche decina di anni, il paese prevalente nella sua produzione. Nel 1780 venne prodotto, a Barcellona, il primo cioccolato industriale. In Olanda, Van Houten inventa una macchina per estrarre il burro di cacao, la bevanda comincia a diventare più fluida e quindi più gradevole.
Alla fine del 1800 lo Svizzero Daniel Peter aggiunge al cioccolato del latte condensato, ottenendo un cioccolato al latte di consistenza solida. Sempre alla fine del 1800, un altro svizzero, Rudolph Lindt, sviluppa un metodo nuovo ed originale per raffinare il cioccolato, il risultato è un prodotto finito estremamente fine: è il cioccolato fondente. Nel 1946 Pietro Ferrero inventò una crema di cioccolato e nocciole che chiamò Pasta Gianduja con l’intenzione di venderne qualche chilo ai pasticcieri di Alba: il prodotto ebbe un successo superiore a ogni aspettativa e qualche anno dopo, nel 1964, ne nacque la Nutella, che divenne popolare in tutto il mondo. Si racconta che Napoleone dopo un’estenuante giornata bevesse una gran tazza di cioccolata calda per ritemprarsi nell’anima e nel corpo.
Il marchese De Sade riteneva che il cioccolato fosse afrodisiaco mentre Gabriele d’Annunzio mangiava quadretti di fondente prima di incontrare le sue amanti. L’effetto afrodisiaco sarebbe dovuto alla presenza nel cacao di feniletilamina, la sostanza che ha effetti euforizzanti (analogo a quello delle anfetamine) e viene prodotta dall’organismo quando scatta il colpo di fulmine! Nel cacao, quindi, sono presenti importanti sostanze psicoattive come le teobromine e la caffeina, eccitanti e stimolanti il respiro, l’attività cardiaca ma soprattutto la funzione muscolare. Tutte le moderne ricerche hanno dimostrato che il cioccolato, in giuste dosi, non solo non è pericoloso, ma può anche apportare parecchi benefici all’organismo, fa bene persino ai denti.

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