29 Marzo, 2024

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Rieti la magica, Rudisha è mondiale: 1:41.01

Rieti la magica, Rudisha è mondiale: 1:41.01

E’ stata davvero un’edizione stellare, la quarantesima del meeting di Rieti. Record del mondo degli 800 metri maschili da parte di David Rudisha con 1:41.01 (migliorato il limite precedente, 1:41.09, stabilito dallo stesso atleta a Berlino la scorsa settimana), 9.78 nei 100 metri per Nesta carter (miglior prestazione mondiale 2010 eguagliata) ed una lunga serie di straordinarie performances (tre tra le tante: 19.85 di Wallace Spearmon nei 200, 7:28.70 di Tariku Bekele nei 3000, 13.01 di David Oliver nei 110hs) hanno illuminato la scena al Raul Guidobaldi. Rieti lo ha scoperto, a Rieti è voluto tornare, per firmare un record del mondo. David Rudisha, scultura keniota di 21 soli anni, ma con lo sguardo da uomo maturo, è stato di parola. L’impresa è riuscita, ed è terminata ad un minuscolo centesimo dalla storia assoluta, ovvero, in termini atletici, l’attacco alla barriera dell’1:41 negli 800 metri. Il cronometro della 40esima edizione del meeting laziale dice 1:41.01, otto centesimi di

 miglioramento rispetto al limite precedente, che l’astro nascente dell’atletica mondiale aveva siglato, per la prima volta in carriera, appena domenica scorsa, a Berlino. Gara da brividi. Sammy Tangui e Jackson Kivuva segnano metà percorso in un pazzesco 48.20 (Rudisha transita in scia in 49.0 manuale), ma da quel momento il keniano fa la sua parte da attore consumato, reggendo la scena senza tentennamenti. Il passaggio ai 600 metri è un pazzesco 1:14.59 (parziale da 25.6), roba da spavento puro. Il finale è strepitoso, lo stadio diventa una bolgia, trascinando letteralmente il ragazzo verso il traguardo, verso il record del mondo, l’ottavo della storia del Meeting di Rieti, nel suo quarantesimo anniversario. Che arriva puntuale, 1:41.01, otto centesimi limati via, ultimi duecento metri in 26.42 (secondo giro in 52.0). Il keniano Lalang è secondo, e con un tempo straordinario, 1:42.95, ma di fatto prende quasi due secondi dal vincitore; discorso simile per lo statunitense Nick Symmonds (1:43.76) e per il britannico Michael Rimmer (1:43.89), bravissimi (come il polacco lewandoski, 1:44.10, e lo spagnolo Casado, 1:44.74), ma persi in scia al keniota. L’impressione è che con un passaggio leggermente più prudente a metà, Rudisha possa letteralmente devastare il proprio record del mondo, disegnando l’incredibile scenario dei 100 secondi (in altre parole: dalle parti dell’1:40) che fino ad oggi era sembrato solo materia per un film di fantascienza.

I 100 metri regalano le emozioni probabilmente meno attese. In cinque vanno al di sotto dei 10 secondi, con il giamaicano Nesta Carter che eguaglia addirittura il mondiale stagionale con 9.78 (vento di +0.9), e trascina al personale lo statunitense Bailey, 9.88, il connazionale Mario Forsythe (9.95) e il francese Christophe Lemaitre, il bimbo prodigio dello sprint europeo, che firma con 9.97 anche il primato di Francia. La gara è favolosa, l’aria è quella tipica di Rieti, quella dei record, e Carter ne approfitta. Lemaitre firma l’impresa nonostante una brutta partenza (0.199), ma con un lanciato ancora una volta entusiasmante. I segnali di un buon pomeriggio anche per gli sprinter si erano visti già in batteria, in apertura di pomeriggio. Nella seconda, in tre vanno al di sotto dei dieci secondi e tutti (o quasi) al personale: Ryan Bailey li guida, con 9.95 (+1.1), davanti a Lemaitre, 9.98 (eguagliato il record nazionale), e il giamaicano Mario Forsythe, 9.99. Gli azzurri si difendono bene, ma vanno fuori dalla finale (serviva 10.10): Simone Collio è sesto nella prima, in 10.24 (+1.0), Maurizio Checcucci ottavo, 10.45; nella seconda Emanuele Di Gregorio è sesto in 10.20.

I 200 metri sono (quasi) sullo stesso livello dei 100. Wallace Spearmon corre in 19.85 (+0.6), pennellando una bella curva e difendendosi sul rettilineo con autorità. E’ ancora record del meeting, a testimoniare l’eccezionalità del pomeriggio reatino. Secondo è l’ostacolista Angelo Taylor, capace di 20.23, e fa bene anche Roberto Donati, reatino purosangue, che finisce sesto in 20.89, mettendo a segno lo stagionale. L’altro maggior indiziato di record del mondo, lo statunitense David Oliver, finisce per strafare nei suoi 110hs, urtando violentemente almeno due barriere nella parte centrale, e nonostante tutto queste terminando ancora in un eccellente 13.01, record del meeting (notazione che qui, vista la storia, ha ancora un certo valore). Ma è ancora il mezzofondo a rubare la scena. La classe di Asbel Kiprop e Silas Kiplagat è cristallina. Quando le due lepri falliscono i passaggi che avrebbero dovuto portarli dalle parti del mondiale stagionale dei 1500 metri (3:29.27, di Kiplagat), scalano una marcia, accontentandosi di contendersi il successo in volata: il cronometro si ferma a 3:31.78, ma lo spettacolo offerto dal compasso di Asbel Kiprop, un mix di leggerezza ed elasticità, è delizia per gli occhi, atletica al massimo della sua lucentezza.

Tariku Bekele non ha ancora il palmarès del fratello maggiore. Ma a livello cronometrico, comincia ad avvicinarsi all’augusto fratello. I 3000 metri di Rieti lo vedono imporsi con la cifra del mondiale stagionale, 7:28.70, resistendo nel finale ad uno che di rette conclusive se ne intende, lo statunitense (di origine keniota) Bernard Lagat, secondo con il record continentale americano portato a 7:29.00. L’astro bianco (statunitense) Solinsky è quinto, ma con il personale di 7:34.32; in otto, a conti fatti scendono sotto i 7:40. Ben oltre le soglia del lusso.

Il giro di pista al femminile non regala colpi a sensazione, almeno dal punto di vista cronometrico. Vince la campionessa d’Europa, la russa Tayana Firova, sempre abile nei rettilinei conclusivi, con un buon 50.25. La statunitense Hastings ci prova ma deve arrendersi nella retta, ed è seconda con 50.87, mentre Libania Grenot è buona terza, con 51.20. Le altre due azzurre Maria Enrica Spacca e Marta Milani finiscono nell’ordine al settimo e ottavo posto, rispettivamente con 52.80 (personale per la reatina, sulla pista di casa) e 52.87. Koji Murofushi ne ha da vendere. La bordata di ieri nella qualificazione del lancio del martello (80,99 a segnare la miglior prestazione mondiale 2010) gli riesce praticamente in fotocopia: suo è infatti l’80,96 che gli consente di aggiudicarsi il successo, in una serie con altri due lanci oltre gli 80 metri, a 80,07 e poi anche a 80,83. Bene anche le donne, con la russa Tatyana Lisenko, l’ex primatista del mondo della specialità, capace di imporsi con un buon 74,80. Nel lungo vince Beyer con 8,06. Andrew Howe è spento, ma tutti sanno perché. Agguanta alla fine un 7,69 che vale la sufficienza. Ma è solo ottavo. Fabrizio Donato è invece terzo con un discreto 7,89. nei salti, meritano la citazione il russo Rybakov (2,30 nell’alto; Campioli è bravo con 2,26) e la brasiliana Murer (4,74 nell’asta).

Un pomeriggio di straordinaria bellezza. Merito di Sandro Giovannelli, artista dell’atletica, che plasma ininterrottamente, da quattro decenni, una creatura conosciuta ed apprezzata in tutto il mondo. Sua la capacità di mettere insieme un cast ed una squadra capaci, ogni anno, di un piccolo, grande miracolo. Ad applaudire, oggi, in tribuna, anche il presidente del CONI Gianni Petrucci, il Segretario generale del CONI Raffaele Pagnozzi, il presidente della FIDAL Franco Arese, il vice presidente della IAAF Sergey Bubka. Una standing ovation meritata.

Marco Sicari 

Nella foto, l’arrivo di David Rudisha (Giancarlo Colombo/FIDAL)

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