La distanza dei 2000 metri in forma ripetuta è spesso inserita nelle preparazioni. In genere il podista predilige la ripetuta sui 1000 metri, ma la differenza fra le due distanze è netta da un punto di vista fisiologico.La distanza dei 2000 metri rientra fra le ripetute definite “medie o lunghe” a seconda dell’interpretazione del tecnico.E’ una frazione che va solitamente a sollecitare il meccanismo della potenza aerobica. Ovviamente a seconda del ritmo che si propone, il 2000 può avere finalità completamente differenti. Quando cerchiamo l’incremento del ritmo base, dovremmo proporre i 2000 ad una velocità leggermente migliore rispetto al ritmo di soglia anaerobica o ad una velocità corrispondente per ottimizzare i consumi. Direi che una proposta del 3-5% più veloce è senz’altro centrata, ragionando in termini lattacidi possiamo spaziare in una produzione ideale dai 4 ai 6 millimoli per litro. Tutto lo spazio che intercorre fra la soglia anaerobica e il massimo consumo di ossigeno è terreno fertile per l’incremento del ritmo resistente. Con
ritmo resistente si intende quello dove esiste ancora qualità senza sconfinare nel puro estensivo tipico del maratoneta. Anche se il maratoneta moderno ha rivisto “vecchi” concetti generali, non possiamo certo pensare ai 42 km come ad un’estensione della mezza, né tantomeno dei 10000 metri. In prima analisi c’è sempre da considerare che i concetti applicati per i top runner differiscono in modo sostanziale dai corridori di fascia amatoriale. Il tempo che si sta sulle gambe è sempre tappa primaria e necessaria per individuare i punti cardine di una preparazione. Dico questo come ragionamento generale, ma tornando ai 2000 metri come tema di questo articolo, il tempo di percorrenza della frazione da parte del singolo atleta può suggerire applicazioni differenti.
Considerazioni e calcoli
Con soglia anaerobica a 3’05” al km correvo 3×2000 metri poco sotto i 6′ con recupero di 3′.
Facendo un parallelo con Bekele possiamo notare che passa al 2000 del suo 10000 ideale in 5’15”: a quanto li corre lui i 2000 ripetuti in allenamento?
Prendendo invece a riferimento un corridore che vanta un personale di 50′ sui 10 km pensiamo che probabilmente correrà i 2000 ripetuti nella fascia da 4’40” a 4’50” al km e cioè in quasi 10′.
Ebbene i processi fisiologici per chi corre i 2000 vicino ai 5′ e chi li corre in 10′ sono ovviamente molto diversi.
Riflessione: il corridore che corre i 10000 metri intorno ai 28′ deve correre i 3000 metri al posto dei 2000 metri?
Oppure il corridore che corre i 10 km in 50′ è meglio che esegua solo i 1000 metri in allenamento?
In realtà ognuno pianifica e sceglie le distanze migliori da inserire nel suo schema settimanale in base ai suoi valori ed obiettivi, ma il concetto è che nella stesura del programma non tenga conto unicamente della distanza, ma anche e soprattutto del tempo che sta “per strada” per correre la specifica ripetuta.
Quanto recupero?
Una regola molto generica da prendere a riferimento riguardo il corretto recupero da tenere fra le ripetute di 2000 metri potrebbe essere quella di dimezzare il tempo che si impiega a compiere la frazione.
In pratica l’atleta che corre i 2000 metri ripetuti in 8′ e cioè a 4′ al km, potrebbe recuperare 4′ o 800 metri intorno al ritmo di 5′ al km.
Questa seconda opportunità è spesso usata dai maratoneti per allenare la potenza estensiva (in realtà con recuperi assai più intensi).
Un tipo di allenamento in uso per il corridore di lunghe distanze è 6×2000 metri con recupero di 1000 metri, vediamo l’esempio nel dettaglio tramite una scheda.
Corridore di anni 40
Altezza 178 cm x 65 kg
Allenamenti settimanali 6
Personale in maratona 2h38′
Personale in mezza 1h11′
Personale sui 10 km 33’17”
Maratone all’attivo 6
Allenamento inserito a 6 settimane dalla maratona:
Corsa 20′ + 6×2000 a 3’30” recupero 1000 a 4′ + corsa 20′
Totale km sviluppati 26,5: 4,5 km nel riscaldamento + 18 km nella parte specifica + 4 km nel defaticamento
Media della parte specifica 3’40” al km
Se togliamo l’ultimo 1000 metri di recupero attivo verifichiamo che la media dei 17 km è di 3’38” al km
Conclusioni: allenamento che va a collocarsi fra valori di soglia anaerobica e valori più veloci di soglia aerobica.
I 18 km sono eseguiti in una fascia dove è fortissimo l’apporto di ossigeno.
Tutto questo permette di ottimizzare i consumi e fa lavorare le fibre in condizioni ideali per il corridore di lunghe distanze.
Da non dimenticare assolutamente, come indicato, la media del lavoro.
In pratica il maratoneta non corre mai al ritmo ipotetico (quello che si prevede corra questa maratona) di maratona di 3’40” al km, ma la media del lavoro cade proprio in coincidenza con esso.
In sostanza la media maratona è un punto che non si tocca in tale tipo di seduta, ma rimane il valore centrale sul quale costruire l’allenamento.
È come il fulcro di una bilancia: i pesi laterali che si applicano sono diversi, ma devono andare a creare un equilibrio ritmico ideale.
I 2000 metri per il mezzofondista sono invece usati sviluppando un globale che va da 4 a 8 km.
Accade di inserirli miscelati ad altre distanze come ad esempio:
a) 2000 + 1000 + 2000 + 1000
b) 3000 + 2000 + 2×1000
c) 2×2000 + 2×1000 + 4×500
I giochi e gli intrecci possibili sono molteplici, ma come detto in precedenza bisogna calcolare con precisione quello che accade in quei minuti nei quali si copre la distanza.
I 1000 metri sono una distanza di superlativa utilità, ma correre una distanza doppia ad un’andatura prossima a quella di una gara sui 10000 metri regala un contributo allenante magnifico.
Molti atleti non amano i 2000 metri perchè in effetti sono faticosi anche sul versante mentale, ma i benefici che apportano ne fanno una distanza quasi irrinunciabile per ottenere condizionamenti sensibili nel campo della potenza in regime di ossigeno.
Alternare i 2000 metri
Quando anni fa proposi ad un atleta un allenamento di 4×2000 metri a 3’40” al km recuperati 4×2000 metri a 4′ al km, un tecnico gli disse che stava eseguendo un allenamento privo di ogni logica perché il recupero di 8′ era troppo lungo.
Prima di sbilanciarsi in giudizi tecnici bisogna però entrare dentro il principio delle soglie di lavoro per capire che la parola recupero può avere valenze molto diverse e possiamo apprezzare che in alcune sedute diventa la parte più importante, cioè quella in cui l’organismo svolge funzioni di estrema utilità sul piano energetico.
In sostanza il recupero diventa protagonista indiscusso in alcune sessioni di allenamento ed il corridore delle distanze medie e lunghe lo sa bene.
Una gara a pezzi
Ancora ricordo un freddo mattino di moltissimi anni fa, dovevo fare un medio veloce (così definito dal mio allenatore) di 10 km a 3’20” al km. Quella mattina proprio non ne avevo voglia, il pensiero di affrontare quella fatica mi distruggeva.
Non volevo però saltare la seduta per non perdere i benefici che ne sarebbero derivati, ma anche per non avere sensi di colpa.
Optai sul momento per un 6×2000 in 6’30” con recupero di 1′.
Mi divertii molto ad eseguire un allenamento nuovo.
In pratica frazionai la prova programmata in “pezzi” da 2 km aggiungendo un paio di km ai 10 previsti ed aumentai il ritmo previsto di 5” al km.
Forse ho sbagliato, non si disobbedisce all’allenatore (ovviamente riferii tutto a lui la sera stessa), ma trovai comunque il modo di allenarmi avvicinandomi a quanto previsto.
Tutto questo per dire che si possono anche proporre 2000 metri dal brevissimo recupero, soprattutto è un’idea da poter utilizzare in sostituzione di una gara saltata all’ultimo momento per riuscire a tenere un ritmo alto per parecchi km.
Sappiamo tutti quanto sia difficile correre 10/12 km come fosse una gara senza avversari. Spezzare la distanza ci può essere di aiuto.
I 2000 metri sono una grande risorsa per il corridore, è bene non dimenticarlo.
Nella foto Gianni Gilli arrivo mezza a Santa Maria Maddalena settembre 2003
Scritto da Massimo Santucci
Pubblicato su Podismo e Atletica