03 Maggio, 2024

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Correre in salita: i vantaggi

Correre in salita: i vantaggi

408872_10150486764617805_1977368438_nL’utilità della corsa in salita si è soliti ricercarla in campo meccanico, ma è il fattore energetico che segna l’aspetto primario di tale tipologia di

allenamento.

Fasi della corsa in salita

Le tre fasi che contraddistinguono l’azione di corsa: fase di ammortizzazione, fase di spinta, fase di volo, hanno condizioni parzialmente differenti dalla corsa in piano e quindi per poter impostare al meglio la seduta di allenamento bisogna conoscere i suddetti particolari.

In salita la fase di volo ha tempi più brevi e quindi il corpo si trova a dover fronteggiare questo stato di aumentata difficoltà. Inoltre l’appoggio avviene principalmente, se non esclusivamente, con l’avampiede richiedendo un costo energetico maggiore.

Trovandosi ad ogni appoggio in un punto più alto della strada (quasi come salendo le scale di casa), diminuisce ovviamente il tempo di volo andando peraltro a ridurre l’energia elastica. Da quanto affermano Gottschall e Kram, 2004, su una pendenza del 15% si ha una riduzione dell’energia elastica pari al 32,5%. Questo aspetto va preso in considerazione anche per atleti reduci da infortuni di un certo tipo e che devono diminuire il carico nella fase ammortizzante.

Infatti la salita è allenate per l’alto impegno generale, ma poco traumatizzante. In alcune patologie però questo principio non è valido, in particolare per chi ha problemi al tendine d’Achille, poiché l’angolo tendineo che si viene a creare nella corsa in salita richiede una sua accentuata estensione.

Altra nota importante è la verifica da parte del tecnico del tempo di contatto con il terreno, che non deve variare di molto rispetto al piano perché si verrebbe a perdere il compromesso ideale fra velocità e forza. Per ottenere questo si consiglia di correre in salita adottando una falcata più bassa e rapida, cosa che non potrà avvenire in salite che superano il 12/15% di pendenza.

Cosa alleniamo con la salita

Correre in salita allena la mente poiché la fatica si affaccia fin da subito, ma a seconda del periodo deve essere ben chiaro cosa intendiamo allenare, perché cambiano i condizionamenti a seconda della distanza frazionata proposta, della velocità di esecuzione e della pendenza.

Dovremmo aggiungere che l’allenamento proposto può prendere pieghe diverse a seconda dell’azione di corsa suggerita. Ad esempio il correre con spinta maggiorata, oppure a falcata ampia facendo attenzione al salire del ginocchio o alla tecnica rimbalzata, crea adattamenti di diverso tipo.

Diciamo che le derivazioni sono molteplici, ma rimaniamo sul concetto energetico.

Un cuore forte

Ricercando l’aumento della gittata pulsatoria è utile eseguire salite lunghe al massimo dieci secondi per non creare debiti e quindi affaticamenti lattacidi. Per creare un innalzamento maggiore delle frequenze è bene recuperare a lungo le ripetute, come riferimento potremmo dare i 3′.

Un tempo di recupero minore tende a non far scendere di molto il battito cardiaco inibendo un’escursione ampia e di conseguenza la ricerca della famosa “elasticità cardiaca“. Inoltre un recupero breve tende a far perdere rapidamente freschezza e di conseguenza la possibilità di correre “forte” provocando un rapido picco pulsatorio. Con questo tipo di training si migliorano le componenti centrali del meccanismo aerobico (Arcelli/Ferretti, 1993).

Ricercando invece il miglioramento delle componenti aerobiche periferiche dobbiamo preferire le salite lunghe alcune centinaia di metri.

L’intensità della corsa in salita

Le salite medio lunghe vanno eseguite vicino all’intensità di soglia anaerobica ed in salita sappiamo che l’intensità si può misurare solamente con il cardiofrequenzimetro non potendo fare riferimento ad andature.

In realtà potrebbero essere determinate da un test del lattato svolto in salita, ma vista la difficoltà a reperire salite con pendenza giusta e costante sarebbe poi inattuabile mettere a frutto quel riferimento. Ad esempio, se un atleta in salita al 5% di pendenza e correndo al ritmo di 4′ al km ha 4 millimoli x litro di lattato, potrebbe fare ripetute sui 500 metri a 3’50/55” per stimolare la potenza aerobica, ma sorge questa domanda: se la salita in dei tratti si impenna al 7% e poi alleggerisce al 3% come ci si comporta con l’andatura di corsa?

Conoscendo invece i valori cardiaci alle varie soglie di lavoro tutto diventa semplice, basta stare alle frequenze stabilite e tutto verrà allenato alla perfezione.

In realtà ci sono atleti che si affidano al loro grado di fatica e quindi con sapiente gioco di sensibilità riescono a correre alla giusta intensità facendo riferimento a quello che avvertono. È un metodo non certo scientifico, ma chi ha la giusta sensibilità, fa bene ad attuarlo.

Come creare energia

Si ha una grande utilità nel sostenere velocità medio alte in salita.

Mantenendo tali intensità si può migliorare l’attività mitocondriale. Infatti, i mitocondri, sono stimolati nella produzione di energia, grazie all’attività in salita svolta a quell’intensità ove esista un buon equilibrio fra l’aerobico e l’anaerobico. Tale stimolo è riproducibile anche in pianura, ma nel periodo di costruzione della forza è senz’altro conveniente ricorrere all’allenamento in salita per sollecitare tali condizionamenti.

In salita, a parità di lavoro cardiaco, si ha in genere (dipende dal grado e dal tipo di preparazione) una produzione inferiore di lattato.

Per questo motivo è un tipo di seduta particolarmente gradita ai fondisti.

In realtà anche se le fibre lavorano “in acido” in misura inferiore, non si generano risvolti negativi riguardo all’attivazione delle fibre veloci, in quanto vengono coinvolte e dunque allenate in maniera aspecifica garantendo un lavoro di resistenza.

Andando ad allungare la lunghezza della seduta in salita si sposta il favore dell’allenamento esclusivamente a favore del fondista o del maratoneta. Infatti si riesce ad acquistare forza “resistente”, condizionamento che altrimenti è allenabile solo con sedute molto lunghe. A questo proposito, alcuni maratoneti corrono dei medi estensivi in salita toccando distanze fino a 12 km.

Pillole di pianificazione

Riassumendo possiamo dire, come già affermato in tema di allenamento (M.Santucci/M.Giambastiani, 2012), che i punti principali sui quali otteniamo un incremento dell’efficienza attraverso l’allenamento in salita sono:

  • attivazione muscolare come forma di potenziamento;
  • coinvolgimento dell’attività cardiaca, per stimolare la massima prontezza in risposta agli stimoli;
  • economia di corsa, in relazione alla meccanica ed al costo per produrre energia;
  • potenziamento del meccanismo aerobico;
  • ottimizzazione dell’esplosività (esclusivamente per il velocista);
  • predisposizione delle capacità mentali a sostenere grandi carichi di lavoro.

La periodizzazione

In autunno/inverno si propongono in genere allenamenti di sprint in salita dalla forte pendenza per ottimizzare la forza, la capacità contrattile del cuore ed il miglioramento a livello del muscolo di utilizzazione dell’ossigeno. In questo periodo largo uso anche di collinari a ritmo blando con l’eventuale inserimento di morbide variazioni di ritmo.

Nei periodo non agonistici, il corridore dovrebbe avvalersi della salita con l’uso di ripetute di media lunghezza su pendenze del 4-8%, di corti veloci di 3/6 km e di medi in salita sempre su modeste pendenze. Questi dovrebbero avere uno sviluppo fra i 6 ed i 12 km a seconda della preparazione dell’atleta in questione.

Nei corridori specialisti della montagna entrano in gioco tanti altri mezzi di salite, come ad esempio l’interval training in continuo tratto di ascesa, i circuiti e le cronoscalate.

La salita è un mezzo naturale per allenare una miriade di qualità , ogni corridore dovrebbe “passarci”, senza di essa è difficile avere una formazione completa di allenamento.

A cura di

Massimo Santucci
Istruttore FIDAL

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