22 Dicembre, 2024

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New York, la maratona e il business che corre

New York, la maratona e il business che corre

«All’arrivo ero esausto, mi tremavano le gambe. Le ginocchia non mi ressero: allora feci finta di inginocchiarmi e di baciare l’asfalto…». Questo ama raccontare Orlando Pizzolato10698517_957207334295981_8653090692480474242_n della sua prima vittoria alla mitica New York City Marathon. Sono passati 30 anni, era il 28 ottobre 1984, e l’atleta vicentino fu il primo europeo a vincere la gara più famosa del mondo. «Ero un perfetto sconosciuto e il giorno della vigilia scoprii di non essere nemmeno iscritto – continua Pizzolato – solo insistendo l’organizzatore mi diede il numero 100, l’ultimo pettorale disponibile tra gli atleti d’élite. Mi portò bene». L’anno seguente per gli americani era “Pizoleeetooo” e firmò un’altra storica vittoria. L’anno successivo, il 1986, terzo successo nostrano grazie al bresciano Gianni Poli. Italia sul tetto del mondo di maratona, la scintilla d’amore era ormai accesa per questa competizione nata nel 1970 e che vide al via all’esordio 127 podisti e solo 55 arrivati. Oggi è cambiato il mondo, e il mondo va sempre più di corsa. Migliaia le maratone in ogni angolo del pianeta per una disciplina sportiva che è simbolo di benessere e salute. Democratica fino in fondo la

corsa, unico sport dove il podista amatoriale gareggia insieme e sfida il campionissimo professionista. Inno nazionale americano e un colpo di cannone daranno il via domenica alle 9 a ben 55mila maratoneti dal Verrazzano Bridge che attraverseranno New York per arrivare a Central Park. Oltre 100 nazioni rappresentate, uomini e donne di tutte le razze e religioni, ognuno con la propria vita e la propria motivazione per essere arrivati fino a lì. Gareggeranno con un unico scopo: divertirsi e dare il massimo. Saranno ben 2.059 quest’anno gli italiani al via, insieme a Francia e Germania le nazioni più numerose.

Mastodontica la New York Marathon, così come le altre cinque “sorelle” consociate: Londra, Berlino, Chicago, Boston, Tokyo. Si sono unite formando le “6 Major Marathon” che ogni anno fanno correre 350mila persone e muovono 2miliardi di dollari.

Nella Grande Mela arrivano oltre 134mila richieste di partecipazione ogni anno, per essere al via si accede tramite una lotteria, oppure con i tour operator autorizzati che vendono il pettorale di gara a 400 euro oltre al pacchetto viaggio hotel e volo. In pratica correre a New York costa almeno 2mila euro. Oltre 2milioni gli spettatori sulle strade a tifare, 315milioni l’audience medio della Nbc che trasmette la diretta, nel fine settimana della gara si calcola che grazie ad amici e parenti dei partecipanti giunga nella città un totale di circa 200mila persone. Nel contempo lavorano all’evento 10mila volontari e per dare la carica ai runner sui 42,195km del percorso suonano 130 bande musicali.

Ogni anno il rito si ripete, per un giro d’affari di circa 340milioni di dollari. Per i professionisti, oltre all’ingaggio “presenza” concordato col manager personale, chi vincerà domenica intascherà un assegno da 100mila dollari più bonus vari in base alla prestazione cronometrica. Ma la massa è composta da maratoneti per passione, questa è la nuova frontiera del turismo dove si abbina il sogno sportivo e nel contempo si visitano le città.

Quest’anno New York, l’anno prossimo si sceglie di correre magari a Londra o Berlino oppure Madrid, Vienna, Parigi. Turismo e maratone, un business moderno e vincente capace di stregare anche tanti vip. Gianni Morandi l’ha corsa tante volte e la leggenda racconta che grazie a una ghianda raccolta nel 2006 all’arrivo e piantata nel giardino di casa sua, vicino a Bologna, stia crescendo una quercia dalle foglie rosse tale e uguale a quelle di Central Park.

Tutto bello, ma anche rischioso. Perché le bombe del vile attentato dell’Aprile 2013 sul rettilineo d’arrivo della Boston Marathon hanno fatto venire i brividi e messo paura a tanti. A Manhattan si corse neanche due mesi dopo l’attentato alle Torri Gemelle con Ground Zero ancora fumante e con centinaia di corpi dei vigili del fuoco ancora sotterrati che furono eletti simbolo della tragedia e della maratona a loro dedicata. Era il novembre 2001 e pur nell’ossessiva paura, in pochi rinunciarono. Un grande coraggio presentarsi alla partenza, ma fu un unico abbraccio lungo 42 chilometri ad una intera nazione che comprese che poteva esserci ancora un futuro.

Poche domeniche fa alla Maratona di Pechino 35mila runners al via sono rimasti vittime dell’irrespirabile inquinamento atmosferico. Le istituzioni vietano per giorni interi le attività sportive all’aria aperta per tutta la cittadinanza, ma la maratona quella no, non viene bloccata e per correrla vengono distribuite maschere antigas. Non si può fermare un grande affare milionario, “the show must go on” è la nuova legge dello sport e di un turismo moderno. Si va avanti, comunque e per forza, fermarsi significa perdere tanti soldi. Solo nel 2012 a seguito dell’uragano Sandy, la New York Marathon fu annullata, ma il tutto fu gestito in maniera subdola e falsa: 50mila maratoneti furono avvisati che non avrebbero mai preso il via solo il sabato mattina, solo quando tutti erano già atterrati in città, usando comunque hotel, metropolitane, ristoranti. Il sindaco Bloomberg salvaguardò così il budget di una città in ginocchio, ma l’aver avvisato così tardi, suonò a molti come una presa in giro.

Eccezionali ora le misure di sicurezza in partenza e arrivo di ogni maratona internazionale. Il rischio di attentati è alto ma la voglia di esserci, di correre insieme a podisti di tutto il mondo e dire «ce l’ho fatta» è ancora più forte. I maratoneti non si mettono mai in ginocchio e come Pizzolato nel caso siano stanchi, e le gambe non reggano lo sforzo al massimo, fanno finta di inginocchiarsi per baciare la strada. Li chiamano “mangiachilometri”, sognano l’asfalto e una riga bianca da seguire, questo è il loro amore e la loro passione da rincorrere in giro per il mondo.

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