Lo si intuiva da tempo, ma adesso, dopo lunghe stagioni di “monitoraggio” da parte della Wada, l’agenzia antidoping mondiale, la certezza è diventata assoluta, meglio: con importanti basi scientifiche alle spalle. La caffeina è un potente agente dopante, ancorchè usatissimo e quasi banalizzato nello sport mondiale, specie quello di resistenza. Alte dosi di caffeina assunte prima dell’attività sportiva aumentano la potenza muscolare e la resistenza, consentendo, di fatto, l’aumento delle performance fisiche, sia una semplice corsa al parco, sia una maratona. E’ quanto dimostra uno studio condotto da Rob James della Coventry University presentato recentemente al Meeting Annuale della Society for Experimental Biology di Praga. Poichè l’uso della caffeina nello sport agonistico non è ovviamente regolamentato e l’agenzia mondiale Anti-doping (WADA) non pone dei limiti alle dosi di caffeina nel sangue prima di una gara, spiega James, questo studio ha implicazioni significative nello sport competitivo: “Infatti assumere alte dosi di caffeina (per esempio attraverso pasticche, supposte o liquido concentrato) non è difficile da fare e molti atleti trovano utile prima di una gara”. Gli esperti hanno condotto uno studio su ‘atleti’ molto particolari, dei topolini che dovevano cimentarsi in vari tipi di ‘sport’, svolgendo cioè sia attività di resistenza (l’equivalente della maratona), sia attività di breve durata ma ad alta intensità di lavoro muscolare (l’equivalente dei 100 metri). E’ emerso che un’elevata concentrazione di caffeina (pari a 70 microgrammi, una dose massiccia tenuto conto della piccola mole degli animali) corrisponde a un aumento di circa il 6% delle performance muscolari in ciascuno dei due tipi di attività. Ma l’assunzione in dosi elevate provoca altresì palpitazioni e alterazioni del ritmo cardiaco cardiache nonché danni anche permanenti al cuore, tant’è che ai malati di cuore la prima cosa vietata è il caffè. E se si pensa che durante il blitz dei Nas a Sanremo (Giro d’Italia 2001) la caffeina fu sequestrata praticamente in tutte le stanze dei corridori, in pasticche anche da 250 mg, si capisce bene quale potenziale negativo abbia questa sostanza sulla salute. Provvidenziale per evitare condanne a raffica in quella circostanza, fu la pronta depenalizzazione della caffeina fatta dalla Wada. Ma la depenalizzazione non garantisce certamente sui danni al fisico, che in molti casi si sono toccati con mano successivamente. Non esiste una statistica precisa, ma sono stati molti i corridori e gli atleti ad accusare problemi al cuore, aritmie, infiammazioni, ecc. negli ultimi anni. Problemi cui la caffeina, assunta in dosi importanti e cuor leggero perché ritenuta un “aiutino”, certamente non è estranea. La ricerca prova una volta di più come e perché la caffeina dovrebbe essere ricompresa fra le sostanze vietate: la sua azione sul fisico risponde ai tre principi richiesti perché una sostanza o una pratica venga introdotto nell’elenco delle proibizioni. Aumenta la prestazione; danneggia il fisico (specie alle dosi usate per avere un effetto sulla prestazione) ed è contraria a principi etici del Cio (Carta Olimpica). Eppure oggi più di una azienda punta proprio sugli effetti “tonificanti” e migliorativi della prestazione per commerciare – del tutto legittimamente, intendiamoci – bevande ad alta concentrazione di caffeina. Uno dei tanti “bug” del sistema antidoping mondiale. “ Nostri risultati sono significativi – dice James – perché anche piccoli aumenti di performance ottenibili attraverso la caffeina potrebbero fare la differenza tra vincere una medaglia d’oro e non arrivare sul podio in una gara alle Olimpiadi”.
dal sito: http://www.sportpro.it/ricerche/bkdopstunew.htm