Un problema comune a molti podisti è il mal di schiena provocato da una dismetria (differenza di lunghezza) tra gli arti inferiori. La dismetria può innescare vari tipi di problemi e patologie. Una dismetria di diversi millimetri può influenzare, non solo la biomeccanica della corsa, ma anche la vita extra sportiva. Raramente gli arti inferiori hanno lunghezze perfettamente uguali: dismetrie nell’ordine di 2 o 3 millimetri fanno parte della norma nelle discipline che coinvolgono la corsa. I 5 millimetri cominciano ad avere un certo significato, anche se occorre rapportare questo dato all’altezza del podista. L’effetto che ha su un corridore di 1,90 m di altezza è ben diverso da quello che ha su un podista di 1,60 m. Al di là dell’altezza è opportuno stabilire con esattezza la lunghezza degli arti in fase di caricamento. Allo scopo si ricorre a una particolare radiografia della schiena e delle anche effettuata in piedi nella quale compare una griglia di riferimento che permette di misurare l’allineamento delle teste del femore (teleradiografia del rachide in toto in ortostatismo
nella proiezione antero-posteriore). I dati che si ricavano da questo esame vanno poi adeguatamente interpretati, anche in rapporto all’appoggio del piede. Può risultare anche che uno dei due piedi risulti piatto e che quindi non vi sia dismetria di arti ma solo mal posizionamento dell’appoggio.
La valutazione di una dismetria viene solitamente fatta a fini correttivi, ovvero di un possibile compenso; a tale scopo è fondamentale il posizionamento dell’asse della colonna vertebrale a livello lombare. Se l’asse lombare è inclinato dalla parte opposta della gamba più corta, la dismetria è solitamente correggibile; in caso contrario, ogni intervento potrebbe risultare controproducente, soprattutto per la schiena.
Nei casi in cui la diversa lunghezza degli arti inferiori deriva da una frattura riportata in età adulta, il compenso può essere completo: un centimetro di differenza può essere compensato da un rialzo. Quando abbiamo invece una dismetria causata da un diverso accrescimento degli arti, schiena permettendo, il compenso può essere solo parziale, spesso nell’ordine del 30%.
Se la diversa lunghezza degli arti si accompagna a un piede piatto, l’adozione di un plantare di compenso risulta la soluzione più logica, soprattutto in relazione all’attività sportiva. La dismetria compensata da un spessore può presentare l’inconveniente di non essere correttiva quando l’atleta spinge in corsa sull’avampiede. A tale scopo il compenso può essere affidato a un plantare anatomico, ma solo per dismetrie lievi.
Ogni correzione dell’assetto del bacino è un caso a sé e richiede uno studio attento. Ne momento in cui si decide di intervenire è opportuno seguire le direttive di uno specialista che sia in grado di valutare la situazione nel suo insieme onde evitare di incappare in problemi che possono diventare cronici.