Nonostante l’attenzione che gli atleti ripongono verso piccoli e a volte insignificanti segnali che il fisico trasmette, capita che spesso trascurino alcuni sintomi che invece dovrebbero essere valutati con attenzione. Per esempio, nella pratica della corsa, ma potremmo dire le stesse cose relativamente a molte altre discipline sportive, l’atleta acquista con il passare del tempo una sensibilità nuova e una consapevolezza approfondita del proprio stato fisico; l’attenzione che l’atleta rivolge ai segnali che il corpo invia è sicuramente superiore a quella di un sedentario e rapidamente è in grado di valutare il proprio grado di concentrazione intellettuale, lo stato di stanchezza fisica e una serie di altri particolari. Capita spesso di sentire alla fine di un allenamento o una gara considerazioni come “oggi le gambe erano
troppo stanche/molto fresche” oppure “non riuscivo a respirare bene”, o ancora “mi sentivo legato, anche le spalle erano rigide…”. Questa strana contraddizione è motivata dal fatto che spesso questi sintomi particolari sembrano non essere legati strettamente al gesto atletico o all’allenamento, o comunque vengono male interpretati. Ecco allora un elenco di sintomi che non vanno assolutamente trascurati e che, in alcuni casi, motivano l’interruzione della corsa fino a che un’indagine medica approfondita non ne riveli le cause. Non è detto che questi sintomi siano legati necessariamente a patologie pericolose, ma proprio perché potrebbero esserlo, occorre valutarne le cause per escludere malattie pericolose per la salute del runner. A volte infatti si è tentati di credere che la l’attività sportiva ci metta al riparo da malattie importanti; in realtà, pur svolgendo un’efficace opera di prevenzione, non ci rende immuni da malattie anche gravi. Lungi dal voler spaventare l’atleta, l’atteggiamento giusto è quello di non sottovalutare questi sintomi particolari e consultare un medico specialista a seconda dei casi. Ecco dunque quali sintomi devono accendere un campanello d’allarme: eccessiva fatica, senso di oppressione al petto, battito cardiaco irregolare, noduli e piccole masse sospette, sofferenza a ossa e articolazioni. Analizziamo in dettaglio i vari punti.
Nota – Nella maggior parte dei casi i riferimenti sono ad attività podistiche, ma le considerazioni sono valide per la maggior parte delle attività sportive.
Eccessiva fatica
La fatica è un sintomo preoccupante quando:
a) non si è aumentato il carico qualitativo o quantitativo.
Occorre tener presente che ogni fisico ha un massimo carico gestibile. È utopistico sperare che si possa caricare sempre di più adattandosi.
b) Non è conseguente a una gara particolarmente intensa.
Non solo una maratona può richiedere tempi di recupero di diverse settimane (soprattutto se la si è finita male), ma anche una mezza o un 10000 m . Non giustificano uno stato di fatica gare su distanze più corte.
c) Non è conseguente a un periodo troppo intenso di gare.
I runner che si sciroppano più di 30 gare all’anno, dovrebbero gareggiare di meno se vogliono durare. Infatti la fatica cronica instaura meccanismi di rifiuto della corsa ben più preoccupanti degli infortuni da sovraccarico.
d) Dura da oltre una settimana.
Una settimana è un tempo sufficiente per recuperare particolari situazioni come un allenamento tirato svolto in condizioni fisiche precarie.
e) Non scompare con una settimana di completo scarico.
Infatti il riposo è la miglior cura per tutti gli “affaticamenti” normali. Non bisogna confondere la fatica con un senso generale di stanchezza che può accompagnare un periodo piuttosto intenso atleticamente. La discriminante è che una settimana di scarico in un soggetto affaticato atleticamente è sufficiente a riportarlo in condizioni di normalità extrasportiva.
Nel caso siano verificati i cinque punti sopraccitati, si deve valutare se ci sia qualche patologia seria in atto, come l’inizio del diabete, problemi cardiaci, asma, sindrome di Lyme o sindrome della fatica cronica. La prima cosa da fare è un esame del sangue completo e, in caso di anomalie, rivolgersi al proprio medico.
Senso di oppressione al petto
È una sensazione che insorge durante la corsa, anche per pochi minuti (non necessariamente dura per tutto l’allenamento) e può essere il sintomo di una patologia coronarica o anche di un infarto al miocardio in corso. Se il senso di oppressione si dirama dal petto al braccio, al collo e al volto, occorre fermarsi immediatamente e preventivare un controllo dal cardiologo, per escludere patologie cardiache serie in corso. Non bisogna confondere (e quindi allarmarsi inutilmente) il senso di oppressione con generici dolori intercostali che di solito interessano un punto ben preciso.
Battito cardiaco irregolare
Esistono delle forme di tachicardia sporadiche o comunque dei disturbi del ritmo cardiaco del tutto benigni, in altri casi però questo sintomo può essere indice di qualche difetto congenito o patologia cardiaca in corso. L’irregolarità del battito è più comune dopo l’allenamento, circa qualche ora dopo della fine dell’attività fisica. Anche in questo caso semplici esami e una visita cardiologica possono fugare ogni dubbio. Inoltre, negli atleti sovrappeso il rischio aumenta di molto. Si legga l’articolo sull’extrasistole.
Noduli e piccole masse sospette
Le patologie più comuni di questo tipo tra i runner sono i noduli che si formano sui tendini, come il tendine d’Achille, o all’interno del ginocchio. Nel caso del ginocchio, spesso la comparsa di cisti o noduli è associata a problemi al menisco. Cisti o piccole masse fibrose non devono essere trascurate, anche se di piccole dimensioni. Il loro continuo attrito su muscoli e tendini può causare grossi danni, e inoltre con il passare del tempo potrebbero ingrandirsi e rendere necessaria la terapia chirurgica. In molti casi, però, se si interviene con tempestività con il completo riposo e le terapie locali suggerite dall’ortopedico, si riesce a evitare l’operazione.
Sofferenze a ossa e articolazioni
– Dolori localizzati in corrispondenza di punti precisi delle ossa possono far sospettare una microfrattura che, se trascurata, può degenerare in una vera e proprio rottura dell’osso. Spesso il runner concentra tutta la sua attenzione su muscoli e tendini, ma dimentica l’enorme stress che è a carico di ossa e articolazioni. Un’alimentazione corretta può limitare la perdita del calcio delle ossa e quindi effettuare un’azione preventiva. Ciò è particolarmente importante nelle donne, in cui la fragilità ossea è un problema più grave, specie con il passare degli anni. In quest’ottica, l’integrazione (con calcio e glucosamina in particolare) può essere una valida strategia per evitare questi problemi.