26 Aprile, 2024

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Da principiante a runner

Da principiante a runner

10855122_10152617788682805_428645581139255543_oIl test del moribondo è sicuramente un passo importante nella vita di ogni sedentario che decida di praticare la corsa. Correre quei 10 km in meno di un’ora è sicuramente un’impresa, paragonabile a quella di tanti runner esperti che corrono la loro prima maratona. Una volta superato il test, non è infrequente avvertire il gap che esiste per fare un ulteriore importante passo: diventare runner. Il salto può apparire così difficile che molti restano fra le file dei jogger e si limitano a correre tre o quattro volte alla settimana con andature da fondo lento. Nulla di male, visto che un tale atteggiamento è perfettamente compatibile con lo scopo di praticare lo sport in funzione della propria salute, ma perché non osare di più? Con un ulteriore obiettivo si mantengono alte le motivazioni e, tutto sommato, può essere più facile

correre nei periodi in cui siamo magari meno predisposti allo sport.

Con una definizione molto pratica di runner, a mio avviso

un runner è un soggetto che ha sufficientemente ottimizzato la sua prestazione sui 10000 m.

Quindi non sono per esempio runner:

  • atleti esperti con parecchi chili di sovrappeso;
  • atleti che si allenano meno di tre volte alla settimana;
  • atleti che si allenano praticando solo fondo lento.

Il “sufficientemente” della definizione può essere interpretato come non più del 5% del tempo dell’atleta, cioè per esempio 2′ su 40′. Così un atleta che corra i 10000 m in 42′, ma che ha 10 kg di sovrappeso, realisticamente potrebbe correrli (un kg=2,5″/km circa) in 38′ e quindi non è un runner.

Analogamente un atleta che corra solo due volte alla settimana è molto distante dai suoi limiti.

Data la definizione di runner, sarebbe banale indicare al principiante la strada di un serioprogramma per i 10000 m. In realtà, le probabilità che il principiante non commetta errori nell’interpretare il programma sono veramente piccole, quasi nulle.

Fermo restando che l’esecuzione di un tale programma è lo scopo finale del principiante, è necessario guidarlo alla comprensione “pratica” dell’allenamento nella corsa di resistenza con l’ausilio di tappe intermedie. Tale comprensione passa attraverso tre tappe, durante le quali (ma non è argomento di questo articolo) il runner dovrà anche eliminare l’eventuale sovrappeso.

Prima tappa: medio e progressivo

Se il principiante ha utilizzato il solo fondo lento per superare il test del moribondo, dovrà necessariamente inserire la parte anaerobica, quella, tanto per intenderci, che richiede l’uso del “fiato”, cioè del respiro affannato.

Questa è la condizione più comune per chi si avvicina alla corsa non più giovanissimo; molti giovani tendono invece a strafare da subito e hanno il problema inverso: dopo pochi minuti sono già in affanno e arrivare all’ora di corsa è una vera e propria pena, con un rallentamento finale evidente.

Lo scopo di questa prima tappa è di aumentare lacapacità aerobica, cioè il tempo per il quale si riesce a mantenere un ritmo sufficientemente elevato (in termini precisi, il ritmo della SAN, la soglia anaerobica, ma per un principiante basta parlare di velocità più brillante di quella del lento).

Da un punto di vista pratico, al principiante deve importare solo una cosa: mantenere il più a lungo possibile un ritmo in cui la conversazione continua risulta difficile (mentre nel lento può tranquillamente parlare). Mantenere non significa solo correre con un po’ di fiatone, perché è necessario non diminuire la velocità di corsa.

Poiché solo atleti molto evoluti ci riescono per un’ora filata, è opportuno inserire il concetto di progressivo: l’atleta inizia con il ritmo del lento e poi passa a quello del medio. Lo scopo è di aumentare sempre più la durata del ritmo medio nell’ora.

Quando (dopo adeguato riscaldamento) riesce a correre un medio di almeno 40′ (sull’ora di corsa, cioè con i primi 20′ di lento) allora può passare alla tappa successiva.

In genere il tempo necessario per superare questa tappa dipende da molti fattori, non ultimo la soglia di sopportazione della fatica del soggetto (la corsa parzialmente anaerobica offre sensazioni sicuramente più spiacevoli della facile corsa lenta). Si può andare da due mesi a due anni. Ciò che importa è la gradualità dell’approccio. La settimana tipo (4 allenamenti, chi si allena di più inserirà degli altri lenti) è così congegnata:

1 Fondo lento

2 Fondo progressivo (medio)

3 Fondo lento

4 Fondo progressivo (medio)

con durate della sessione non inferiori ai 40′, riscaldamento escluso. Per le velocità e le modalità di esecuzione di medio e progressivo si consultino i corrispondenti articoli.

Ora che il nostro principiante “sa” correre il medio, è necessario che impari a correre le ripetute. In modo da apprendere poi con l’esperienza sul campo tutta una serie di allenamenti basati sulle variazioni di ritmo. La seconda fase è perciò dedicata alle ripetute con recupero da fermo.

Seconda tappa: le ripetute con recupero da fermo

Come si può spiegare a un principiante l’essenza delle ripetute? Semplice: facendogli fare un’esperienza diretta, in modo autodidattico. Ho verificato più volte che runner con anni di anzianità alle spalle non sanno correre le ripetute semplicemente perché non le hanno mai capite, seguendo in maniera pappagallesca contorte tabelle d’allenamento.

Innanzitutto fissiamo la distanza: ripetute troppo brevi sono molto pericolose per il nostro principiante che può infortunarsi interpretandole come gare di velocità; d’altro canto, ripetute troppo lunghe sono improponibili, visto l’allenamento del soggetto. La ripetuta classica resta pertanto quella sui 1000 m. Fra l’altro, ha anche il vantaggio di far capire chiaramente all’atleta cosa significano i tempi al km, tempi con i quali necessariamente si scontrerà durante il prosieguo della sua carriera atletica.

Il tempo di recupero può andare dai 2′ ai 5′ e il numero di ripetizioni può andare da 4 a 10.

A questo punto ci si potrebbe aspettare una tabella con la progressione delle ripetute nel tempo (per acculturare l’atleta). Invece lo schema è molto generico; la settimana tipo (4 allenamenti, chi si allena di più inserirà degli altri lenti) è così congegnata:

  1. Fondo lento
  2. Ripetute
  3. Fondo lento
  4. Fondo progressivo (medio)

con durate della sessione non inferiori ai 40′, riscaldamento escluso!

Ovvio che tutti chiedano: come devo svolgere le ripetute? A piacere!

L’atleta sceglierà i parametri (numero, recupero, velocità dei 1000 m) e poi eseguirà. Cosa potrà succedere? Ecco due scenari:

  • si fanno troppo forte le prime e le ultime risultano penose e ci si ferma prima della fine dell’allenamento;
  • si finisce brillantemente, quasi senza sudare: per forza, si è andati troppo piano.

Fra questi due scenari ce ne sono altri intermedi. L’atleta deve studiarli attentamente finché non sarà in grado di prevedere cosa succederà. Infatti la fase sarà superata quando, scelti a caso il numero di ripetizioni e il tempo del recupero, l’atleta sarà in grado di prevedere a che velocità correrà “quella” seduta di ripetute.

Nota importante: la seduta è valida se fra il mille più veloce e quello più lento non ci sono più di 15″.

Per dare una traccia posso indicare che un atleta che corra (dalla fase precedente) i 10000 m in 52′ correrà 4 mille con il recupero di 2′ fra i 4’40″ e i 4’50″/km. Tenete conto che:

  • se aumentate il recupero, la velocità aumenterà, ma non di molto; imparate a capire di quanto può aumentare (per esempio una settimana correndo 4×1000 (rec. 2′) e la settimana successiva un 4×1000 (rec. 5′);
  • se aumentate le ripetizioni, la velocità diminuirà, ma non di molto; imparate a capire di quanto può diminuire (per esempio una settimana correndo 4×1000 (rec. 3′) e la settimana successiva un 8×1000 (rec. 3′).

Questa fase è importantissima perché porterà a un’ottima conoscenza del proprio fisico. Come detto, alla fine della fase l’atleta sarà in grado di rispondere a domande come: a che velocità corri 6 ripetute da 1000 m con il recupero di 3′?

Finché i risultati sul campo daranno riscontri troppo diversi da quelli pensati a tavolino, è opportuno rimanere in questa fase. In genere la durata della fase dipende dalla psicologia e dalla sensibilità dell’atleta ad ascoltare il proprio corpo, ma in genere è molto più breve della prima e può andare da due a sei mesi.

L’ultima fase del nostro avvicinamento allo stato di runner riguarda la capacità di interpretare variazioni di ritmo con continuità di corsa.

Terza e ultima tappa: le ripetute con il recupero di corsa

A questo punto il ritmo del proprio fondo lento sarà ben chiaro, supponiamo sia FL, per esempio 5’30″/km. La settimana tipo di questa fase (4 allenamenti, chi si allena di più inserirà degli altri lenti) è così congegnata:

  1. Fondo lento
  2. Ripetute con recupero di corsa
  3. Fondo lento
  4. Fondo progressivo (medio)

Le ripetute sono sempre su 1000 m e per il recupero si utilizzerà questa distanza standard. Il numero delle ripetute varierà da 3 a 6, per cui l’atleta percorrerà al minimo 6 km (3 tratti veloci e 3 lenti) e al massimo 12 km (6 tratti veloci e 6 tratti lenti). Si inizia la seduta di ripetute sempre con il tratto lento. La velocità del tratto veloce è fissata convenzionalmente in 40″/km in meno del ritmo del fondo lento, per cui se per esempio FL=5’30″/km allora FV=4’50″/km.

Sembrerebbe tutto definito e ci si potrebbe chiedere: dov’è il problema?

Un primo problema è il reggere l’allenamento; se con 3 ripetute è abbastanza facile (se ovviamente si è scelto in modo corretto FL), con 6 potrebbe risultare impegnativo, anche se non impossibile.

Il vero scoglio è rappresentato dall’incapacità del soggetto di andare alle velocità previste (sensibilità al ritmo); ecco alcuni scenari:

  • si va troppo forte nei tratti veloci e il recupero diventa sensibilmente più lento dell’usuale fondo lento (praticamente diventa un recupero in souplesse);
  • si va troppo piano nei tratti veloci e troppo forte nei recuperi, praticamente diventa una corsa continua;
  • il programma è rispettato per la prima parte dell’allenamento, ma nella seconda parte si verifica uno dei due problemi sopraccennati.

Quando la fase è superata? Quando su 6 ripetizioni (iniziate ovviamente con 3, poi con 4 ecc. per capire come funziona il gioco):

  • la media dei tratti veloci è almeno 35″/km più veloce del FL;
  • nessun chilometro di recupero è più lento di 10″/km di FL.

La durata di questa fase è molto variabile perché la sensibilità al ritmo è più difficile da educare rispetto per esempio alla velocità di base sulle ripetute con recupero da fermo. La durata può andare da uno a sei mesi.

Come si vede, la somma delle tre fasi può realisticamente andare da 5-6 mesi a tre anni. Una volta arrivati alla fine di questo cammino propedeutico (e con un peso atleticamente corretto!) si è diventati runner e ci si può cimentare nell’agognato programma per i 10000 m.


LE MAIL

La prima gara

Volevo chiedere qualche consiglio per affrontare la mia prima gara di corsa. Premettendo che sono entrato nel mondo della corsa da solo 1 anno e per ragioni prettamente “dimagranti”, ho via via considerato questo sport con più passione fino a farlo diventare indispensabile per sentirmi meglio. Ora, forse perché con 20 kg in meno si corre meglio o perché a 35 anni mi voglio mettere, sportivamente parlando, ancora in competizione, ho deciso di provare a fare una gara dalle mie parti di circa 7,5 Km. Io corro 3 volte alla settimana per circa 8 Km in pianura in un tempo “lunghissimo” di 45 min arrivando senza fiatone al traguardo (casa).

Il mio percorso personale mi ha portato a credere che un’esperienza agonistica nella vita serva. Serve perché può essere riciclata in modo quasi automatico in molti altri momenti dell’esistenza.

Cosa vuol dire esperienza agonistica? Non significa solo iscriversi a una gara, ma anche avere una mentalità agonistica. E per il Well-being avere una mentalità agonistica vuol dire saper buttare il cuore oltre il traguardo.

Almeno una volta ogni tanto. Leggendo le righe della mail mi sembra che la mentalità agonistica non ci sia ancora, che ci sia soprattutto curiosità; la semplice curiosità (proviamo…) sottintende spesso la poca attitudine allo studio, un concetto che è fondamentale per arrivare all’obiettivo di conoscere i propri limiti (allenandosi un numero di volte a piacere nella settimana). Che senso ha cercare di conoscere i propri limiti, se non si è studiato almeno un po’ ciò in cui si cimenta? È come andare a un esame impreparati per vedere se lo si passa lo stesso.

Inoltre (e mi sembra il punto più critico) una mentalità agonistica si ha solo se il soggetto è pronto a dare tutto. Leggo: “io corro 3 volte alla settimana per circa 8 Km in pianura in un tempo “lunghissimo” di 45 min arrivando senza fiatone al traguardo (casa)”.

Un principiante con una mentalità agonistica avrebbe scritto: “corro 3 volte alla settimana per circa 8 Km in pianura; ieri sono arrivato stravolto ma non sono riuscito a scendere sotto i 44 min”.

Se tu vuoi conoscere i tuoi limiti (allenandoti il numero di volte che vuoi) la prima cosa che devi imparare a fare è “dare tutto”. Ti dedico l’aneddoto di Simone che è nella pagina dello Young People Test e ti consiglio, se vuoi imparare a dare tutto, di seguire questo percorso d’allenamento.

Correre veloci

Scusa la domanda che potrà sembrare cretina (meglio fare una domanda cretina che rimanere cretini, diceva il mio professore)… ma proprio non riesco a interpretare l’unità di misura: 3′/km oppure 10”/km o 4’10”/km. Cioè come si legge? 3 minuti al km non mi dicono granché come misura di velocità… forse vuol dire 3 km al minuto semplicemente scritto in modo diverso?

Non avrebbe senso lavorare con le velocità classiche, tipo i km/h, perché sarebbe troppo complicato: un runner che corre a 3’18″/km va a 18,181 km/h. 3’18″ è più facile da ricordare.

In realtà noi runner usiamo l’inverso della velocità, x’/km è tempo/spazio, mentre la velocità è spazio/tempo, non a caso se x aumenta il runner è più lento perché ci mette di più per fare un km.

Per inciso, se vuoi la velocità in km all’ora devi dividere 60 per il numero che dà i minuti con cui fai un km, espresso però in maniera decimale 3’18″ ->3,30 (il 30 decimale si ottiene da 18*100/60).

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